PERCORSI AUTOBIOGRAFICI

Terzo articolo

ANATOMIA DI UN BISOGNO

Arriva un momento della nostra vita in cui emerge prepotente la spinta di raccontare la propria storia.

È un bisogno, lo avvertiamo viscerale, ci ragioniamo per anni prima di trovare il coraggio di mettere insieme i pezzi di pagine e pagine di diario, frammenti di lettere perdute nella memoria che avrebbero dovuto essere spedite, ma che sono rimaste lì, nascoste in un cassetto.

A volte non sappiamo perché desideriamo scrivere la nostra autobiografia, ma il bisogno cresce oltre la ragione oggettiva che ci spinge su quella strada. Pensiamo che la nostra esperienza possa essere utile per gli altri o solo perché vogliamo lasciare una traccia del nostro passaggio per i figli o per chi verrà dopo di noi, ma non è così semplice.

Lo viviamo come un bisogno essenziale, come mangiare o dormire. In realtà scrivere un’autobiografia ne abbiamo bisogno innanzitutto noi ed arriva in un momento determinato della nostra vita.

Anatomia di un bisogno significa scandagliare la profondità del nostro essere fino alla radice, come un anatomopatologo arriva a conoscere ogni frammento di un corpo, strato dopo strato, per comprendere le motivazioni di una morte.

Noi invece dobbiamo comprendere le motivazioni di una vita, forse per evitarla quella morte dell’anima, prima ancora della morte corporale. Capire cosa significa raccontarla e perché questo bisogno è emerso alla luce in una stazione particolare del nostro viaggio sulla terra.

NOI E IL TEMPO

Il tempo ha un suo particolare valore.

Siamo nel nostro tempo?

La prima domanda è questa, perché c’è un tempo che ci appartiene e non è solo scandito da un ritmo cronologico del suo scorrere.

Ed è quando arraffiamo quella precisa consapevolezza di essere nel nostro tempo che emerge il bisogno di raccontarsi, di rimettere ordine a un vissuto scompigliato di eventi e relazioni di cui non sempre siamo stati attori, ma semplici spettatori, trascinati, nostro malgrado, in una tragicommedia a cui non volevamo partecipare.

O quando, dopo essere stati naufraghi, alla mercè della corrente avversa, impariamo a navigare nel mare della nostra esistenza, a comprendere come, dopo quella tempesta, oggi non siamo più gli stessi di prima.

Rimettere insieme i pezzi di un puzzle intricato di un vissuto, a volte anche scabroso di cui vorremmo liberarci, è l’unico modo per ricostruire in chiarezza la nostra identità, chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando. Il nostro presente prende forma nel congiungere memoria e progettualità in un continuum temporale, perché possiamo realmente sentirci parte di questo tempo che stiamo vivendo.

E chi siamo lo possiamo scoprire solo riattraversando la nostra storia, ecco perché il bisogno di raccontarsi è soprattutto rivolto a noi stessi, prima ancora di aprirci all’altro.

NOI E L’ALTRO – LA VOCE NARRANTE

Il dubbio che spesso assilla dinanzi al bisogno di raccontarsi è che la nostra autobiografia non interessi a nessuno. Chi mai potrà leggerla la nostra storia?

Forse nessuno, ma finché tutto resta dentro di noi, è come se fossimo figli della nostra immaginazione. Ma se diamo voce a quanto vissuto, provato, sofferto, amato e gioito, allora la nostra storia diventa testimonianza, diventa dono per noi e per gli altri.

Inoltre, esiste anche una funzione sociale del raccontarsi.

 Non è solo capire chi siamo o dare un senso alle esperienze vissute alle scelte intraprese, dare un senso alle emozioni provate, alle cadute, ai fallimenti o anche per onorare un traguardo raggiunto. No, raccontarsi ci mette in relazione con l’altro, ci aiuta a comprendere chi abbiamo di fronte, a comunicare il nostro mondo interiore al mondo esteriore che ci circonda, attraverso la voce narrante.

La voce narrante è protagonista imprescindibile di ogni narrazione di sé e non mi riferisco solo alla scrittura.È un ponte tra noi e l’altro, è un elemento caratteriale che non sempre conosciamo bene, ma che esiste ed è fondamentale educare per migliorare la nostra comunicazione.

Essa si esprime attraverso molteplici canali, come l’arte in tutte le sue manifestazioni (pittura, musica, danza, scrittura…), l’espressione verbale e non-verbale (il corpo, la mimica facciale). In essa vibrano emozioni, esperienze, dialoghi interni ed esterni.

Noi ghostwriter lavoriamo moltissimo sulla voce narrante perché possa emergere nei nostri scritti la vera identità della persona che ci commissiona un testo. Non siamo noi a narrare, ma l’autore o autrice che ha una storia da trasmettere e non ha la facoltà, il tempo o l’esperienza di tradurla in una voce letteraria.

Ma anche in questo caso, la prima cosa su cui insisto con un cliente è di non pensare al prodotto e la pubblicazione, ma di riattraversare insieme a me la linea della vita con uno sguardo nuovo, da una prospettiva più alta che possa alleggerire il passo, perché è in quella storia, nel dolore, nelle tracce di una caduta, negli errori che non sempre riusciamo a perdonarci, che noi potremo rimettere insieme i pezzi di chi siamo e ricominciare.

Infine, abbiamo anche il bisogno di leggere o ascoltare le storie degli altri, come fossero due universi che si intersecano e vibrano insieme.

Le autobiografie non sono isole immerse in un mare dove non si intravedono confini, ma piuttosto sono parte di un grande arcipelago in cui ogni isola comunica con le altre: si scambiano doni, si costruiscono ponti, si condividono esperienze e si balla insieme, ognuno con la propria musica, per scoprire nuove armonie.

E attraverso questi percorsi autobiografici è bello riconoscere che in quel dolore non si è soli, quando c’è qualcuno in ascolto della tua storia e che, magari, poi ti racconta la propria.

ANATOMIA DI ME STESSA IL MIO NOME È GIOIA

Arriverà il giorno che io scriverò la mia autobiografia, che graffierò quel foglio nella stessa modalità con cui la vita ha ferito la mia anima, scavandoci dentro una caverna in cui, attraversandola, morendoci, ho scoperto chi fossi.

E quando comprendi la verità di te stessa, trovi anche il tuo nome, quello che racconta di te.

Il mio nome è Gioia e posso oggi lasciar andare quel dolore e vivere la vita che aderisce alla mia essenza interiore.

Perché ancora non ho iniziato a scrivere la mia autobiografia?

Perché è un cammino profondo di formazione e richiede il tempo giusto per fermarsi e porsi in ascolto di sé, di recuperare quelle memorie nascoste e ricreare un ordine che definisca la giusta mappatura, il cammino che mi resta da vivere nel luogo e nel tempo che mi appartiene.

Scrivere la mia autobiografia, in realtà, significherà arrivare a quelle parole che non pronuncio mai e che raccontano del peso che mi porto dentro, una fragilità di cui preservo le cicatrici come fossero oro, perché tutto diventi una nuova storia da raccontare.

E dal caos ho partorito la mia stella danzante, come suggerisce Nietzsche perché la vita è anche un atto creativo che si dipana attraverso labirinti oscuri e masse informi della paura, nascosta dietro le mie maschere di cui mi sono oggi svestita.

Oggi sono narratrice di storie, curatrice di autobiografie per offrire quella voce letteraria a tante voci narranti che hanno bisogno di essere riconosciute e ascoltate. Questo per me è un grande dono e allora è nato un piccolo progetto, offrire un semplice percorso su come si possa imparare a scriverla la propria autobiografia, scoprire percorsi interiori e strumenti tecnici, letture formative e vie curative da cui rinascere verso una nuova e migliore visione di sé.

Per chi desidera approcciarsi a una prima esperienza di scrittura personale, ecco che ho partorito un piccolo corso online “PERCORSI AUTOBIOGRAFICI – SCRIVI BENE LA TUA STORIA”, articolato in sei lezioni in cui affronteremo insieme le tematiche e le riflessioni legate alla narrazione di sé, attraverso vari strumenti per comprendere quali sono anche i generi letterari con cui si scrive un’autobiografia.

È un viaggio meraviglioso, in cui saremo noi gli eroi della nostra storia, perché quel dolore antico diventi per ognuno bellezza e una nuova opportunità di crescita personale e felicità.

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