
“SIATE PARTIGIANE PER ESSERE LIBERE SEMPRE”

Non è quantificabile in modo preciso quale fu la partecipazione delle donne nella Resistenza, alla lotta per la libertà del nostro paese, contro la dittatura nazi-fascista.
Le stime parlano di settantamila combattenti, ma forse possono essere state molto di più e migliaia furono le donne violentate, torturate, uccise, ma i riconoscimenti ufficiali e le medaglie al valore si possono contare sulla punta delle dita.
Il vessillo dell’emancipazione femminile fu innalzato in quegli anni, molto prima dei movimenti femministi degli anni Sessanta, da giovani poco più che ventenni, pronte a rischiare la vita per essere informatrici, staffette veloci come il vento sulle loro bici, consapevoli degli enormi rischi a cui andavano incontro, infermiere, protettrici solidali di chi veniva ferito e aveva bisogno di assistenza, cibo, un nascondiglio sicuro.
Si fecero carico di responsabilità e aspetti di cruciale importanza per la logistica, la comunicazione e l’organizzazione partigiana perché chi combatteva in prima linea non si sentisse solo e abbandonato.
Una resistenza taciuta a cui mai nessuna si sottrasse, seppur senza una qualsiasi prospettiva di gloria, solo di appartenenza a una fedeltà più alta, in nome della libertà.
E non dimentichiamo il ruolo silente, ma fondamentale, di tutte quelle donne che lavorarono nelle fabbriche, nei posti pubblici e nei campi al posto dei loro compagni richiamati al fronte, garantendo un livello economico e produttivo al paese, per non morire, ma per avere una speranza di sopravvivenza.
Si fondarono movimenti in difesa della donna, si organizzarono anche scioperi per richiedere migliori condizioni di lavoro e dei fondamentali diritti, un processo di emancipazione che già ebbe corso dal 1943 con la fondazione di organismi come il Centro Unione Donna Italiane, perché non cadesse nell’oblio quanto prezioso fosse stato il contributo femminile alla lotta per la libertà e alla rinascita del popolo italiano.
Ma cosa resta oggi nei pensieri di noi donne contemporanee, quanto conosciamo della vita delle nostre nonne negli anni bui del fascismo?
C’è sempre un passo indietro che venne imposto alla donna nel tempo della Ricostruzione, alla fine degli anni Quaranta e inizi anni Cinquanta, costrette a ritornare ad un ruolo di sudditanza patriarcale, per essere solo mogli, madri, curatrici della casa e della crescita dei figli. Insomma, chi di loro, durante la guerra, aveva rivestito compiti nell’ambito del lavoro e delle istituzioni pubbliche, si vide tolto ogni diritto di poter continuare a realizzarsi al di fuori delle mura domestiche, nonostante si fosse dimostrato di avere doti e capacità paritarie agli uomini.
Ed è questo il punto. Abbiamo sempre dovuto lottare per dimostrare qualcosa e spesso più a noi stesse che alla società.
Il 25 Aprile è la ricorrenza più importante per il nostro paese, 79° anniversario per ricordare la Liberazione dal giogo fascista e la fine della guerra, ma questo giorno lo vorrei pensare come un ritrovare quel senso di unità e dignità di persone che la libertà non la considerano un bene scontato, ma un valore da ricercare in ogni contesto della nostra vita, sia esso sociale, personale, umanitario e non solo politico.
Antifascismo non è una scelta politica, ma una condizione necessaria e un valore che non richiede una bandiera o un colore partitico, ma una presa di coscienza di chi siamo noi come persone, entità individuale, prima ancora che sociale e statale.
E per noi donne è un monito ad essere partigiane ancora oggi, ogni giorno, per essere libere sempre, consapevoli che nessun decreto o decisione politica di governo possa venire a imporci scelte che riguardano il nostro corpo e la nostra identità di persone, capaci di autodeterminarsi e realizzarsi in ogni ambito.
Non è un ruolo che mi definisce donna libera e io non mi sento rappresentata da una donna, Presidente del Consiglio, che non ha il coraggio di dichiararsi in modo chiaro e indubbio di essere un’antifascista, avendo giurato fedeltà alla Costituzione.
Essere antifascista è una lotta giornaliera, una scelta personale, oltre che sociale e culturale contro la discriminazione di genere o di qualsiasi altra forma che provoca uno stato di sottomissione a un potere superiore.
Ci sono nomi autorevoli di grandi donne che hanno lottato per noi e che ce lo ricordano ogni istante della nostra vita, se esiste ancora una memoria storica. Insieme, seppur appartenenti a schieramenti politichi opposti, hanno definito cosa significa democrazia, al pari di grandi uomini, Tina Anselmi, Nilde Jotti per ricordarne le più note.
E proprio Nilde Jotti ci lasciò questo pensiero su cui noi tutti, uomini e donne dovremo riflettere per comprendere cosa significa politica, soprattutto oggi, dinanzi alla situazione che stiamo vivendo nel nostro paese:
“Dobbiamo far entrare nella politica l’esperienza quotidiana della vita, le piccole cose dell’esistenza, costringendo tutti – uomini politici, ministri, economisti, amministratori locali – a fare finalmente i conti con la vita concreta delle donne.”
La vita concreta di noi donne riguarda lo Stato e riguarda tutti noi, se desideriamo sul serio che il nostro paese prosperi, se non dobbiamo sempre ogni giorno vivere la frustrazione di non sentirci sostenute nelle scelte fondamentali senza condizionamenti esterni o sensi di colpa imposti. Essere madri o non-madri non ci determina nel valore di chi siamo, essere professioniste o casalinghe non ci pone su piani diversi valoriali, ma è solo la consapevolezza del nostro talento e la visione chiara di chi desideriamo essere in piena libertà che ci rende persone realizzate.
Questo è il senso personale per me nel ricordare la Ricorrenza del 25 Aprile, senza abbracciare alcun schieramento, che sia di destra o di sinistra, la storia non lo impone.
Scelgo e dichiaro di essere antifascista alla luce dell’eredità di chi ha rischiato la vita o l’ha persa perché possa io oggi essere una donna libera sempre, partigiana per tutte coloro che non hanno la possibilità di farcela da sole o per dar voce a chi voce non ha, oppresse, violentate e uccise ancora oggi.

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