VITE DA RACCONTARE: IL ROMANZO BIOGRAFICO

Una vita vale sempre viverla fino in fondo e, quando il tempo scorre avanti così in fretta da non renderti conto degli anni che passano, arriva un punto in cui ti fermi, ti osservi e pensi:

“Io sono arrivato fin qui, sono la somma di fallimenti e rinascite, gioie e dolori, luce e tenebre: magari forse un giorno qualcuno vorrà raccogliere i pezzi della mia storia e raccontarla, o meglio potrei raccontarla io stesso, ma non so se ne sarò mai capace, eppure qualcosa da dire l’avrei prima che muoia e sarò solo un’anima estinta, quando nessuno più ricorderà il mio nome”.

Non è solo pura speculazione poetica la mia, penso sempre che qualsiasi vita meriti di essere raccontata, anche la tua, non solo quella dei personaggi famosi, perché la storia è la somma di molteplici vite nascoste che rendono immortale il genere umano, anche se dovessimo estinguerci in un lontano futuro.

Comunque, sono molteplici i motivi per cui viene scritta una biografia ed è un genere letterario che esiste sin dall’antichità, quando si volle raccontare le gesta e i pensieri di personaggi illustri perché non fossero dimenticati nel procedere eterno della storia: pensiamo a “Le vite parallele” di Plutarco o, in epoca romana, a “Le biografie dei Cesari” di Svetonio.

Però occorre distinguere, parlando di genere letterario, tra biografia vera e propria e romanzo biografico: di quest’ultimo, in particolare, vorrei approfondire con te la conoscenza.

Una biografia è il racconto fedele della vita di un personaggio e di lui l’autore conosce ogni fatto, svelato ogni vicenda  alla coscienza personale e collettiva, attraverso le interviste e l’analisi profonda delle fonti: spesso il personaggio è ancora vivente e potrebbe aver commissionato lui stesso la biografia, ma ciò che conta è il “realismo” spiccato a cui è fondamentale attenersi, un’esposizione testimoniale, una cronistoria che segue una cronologia temporale delle esperienze vissute dalla persona in oggetto.

È un testo documentale, nulla può essere lasciato alla libera interpretazione dell’autore.

Mentre il romanzo biografico è una libera trasposizione di una storia vera, vissuta da una persona reale, contemporanea o del passato, che viene arricchita nell’immaginario da emozioni e dialoghi, da pensieri ed esperienze di cui è impossibile conoscerne i particolari per come sono stati vissuti, ma conta che siano comunque verosimili e rispondenti alla verità psicologica del personaggio.

Insomma, un mix di finzione e realtà, un romanzo a tutti gli effetti dove l’intreccio narrativo risponde ai parametri richiesti: c’è una trama, un arco di evoluzione del protagonista, ovvero quel viaggio dell’eroe che nel tempo, attraverso vicende concatenate vissute insieme a personaggi secondari, fino al “climax” crescente del conflitto con l’antieroe, vince la propria guerra personale.

Ma nulla è inventato, non è una storia partorita dalla mente creativa dello scrittore, il romanzo biografico deve comunque rispettare il vissuto del personaggio di cui scrive le vicende.

Ed è un viaggio idealizzato dove potrai riconoscere anche la tua di storia, pagina dopo pagina: è come un percorso interiore che si immedesima nelle trame della tua stessa anima, più la leggi e più vieni catturato in una rete di emozioni che hanno caratterizzato quella vita finora conosciuta solo attraverso i saggi, le biografie o i documentari.

Una persona famosa diventa così più familiare, non è solo un’icona irraggiungibile lontana dal nostro quotidiano, ma si arricchisce di umanità, la senti vibrare di quelle stesse sensazioni e dubbi che provi tu dinanzi alle vicissitudini della tua vita: puoi odiarlo o amarlo, non esistono mezze misure, perché in un romanzo biografico si possono dispiegare alla coscienza quelle sfaccettature dell’anima che nessuno può conoscere, nemmeno l’autore che le ha scritte, ma che le ha potute cogliere in qualche lettera o testimonianza di chi ha vissuto quegli eventi.

In sintesi, possiamo dire che mentre la biografia è resoconto documentale, il romanzo biografico è interpretazione, un ritratto oltre la pelle del personaggio che abbatte i muri del pregiudizio, spesso innalzati sulla verità segreta dell’essere umano dalla stessa fama immortale.

Infiniti sono i romanzi biografici che hanno arricchito la nostra letteratura passata e contemporanea, ma uno in particolare mi sento di consigliarti, non solo per l’emozione che mi ha suscitato durante la prima volta che l’ho letto, ma anche per la straordinaria umanità che pervade il personaggio antico, tanto da renderlo moderno e vivo più di tanti contemporanei: sto parlando de “Le memorie di Adriano”, di Marguerite Yourcenar, un capolavoro nel suo genere dove l’autrice lascia ampio spazio alla fantasia, senza mai perdere contatto con i fatti storici tramandati dalle fonti.

La complessità di un romanzo biografico

Non è un percorso facile quello di scrivere un romanzo biografico e attenzione a non confonderlo con il romanzo “ispirato” a un personaggio famoso, questo perché, in tal caso, si è liberi di inventarsi, alla stregua di un romanzo di fantasia, fatti che non sono mai stati vissuti nella realtà: ad esempio ha fatto molto scalpore la fiction ispirata a Lidia Poët, la prima avvocata in Italia, uscita recentemente sugli schermi, perché i fatti raccontati e la personalità della protagonista non corrispondono in pieno, secondo le fonti documentali, alla verità dell’epoca, tanto da provocare una reazione negativa anche da parte dei discendenti del personaggio.

Questo caso fa riflettere:

fin dove può spingersi la libertà di un autore nell’ispirarsi a un personaggio reale nella stesura di un romanzo?

Se non c’è un intento biografico, si può essere liberi di far volare la fantasia, a volte lo scopo è quello di rendere un personaggio storico più vicino ai lettori di oggi, reinterpretandolo secondo una visione contemporanea, l’importante però è sempre rispettare l’immagine e la reputazione della persona a cui ci si riferisce per non incorrere in diatribe di ordine etico e legale.

Invece, per quanto riguarda il romanzo biografico ci sono due aspetti che bisogna considerare sempre e che rende il lavoro dello scrittore complesso e articolato:

  • La ricerca storica
  • La ricerca geografica

È fondamentale ricostruire la vita di una persona nel contesto storico e geografico in cui ha vissuto e come le sue esperienze personali si siano intrecciate con le vicende della storia del suo tempo, se ha avuto relazioni con altri personaggi storici, quali sono stati i luoghi in cui è nato o ha viaggiato, itinerari da ricostruire dove sono visibili le tracce indelebili del suo passaggio.

Un romanzo biografico si scrive solo in terza persona?

Anche in questo caso è necessario fare chiarezza tra le diverse forme di narrazione biografica.

In genere una biografia si scrive in terza persona, ovvero c’è un punto di vista esterno di chi racconta la vita di un personaggio, dopo che ne ha approfondito ogni aspetto, colto le vicende più significative, e dopo averne raccolto documenti e testimonianze.

È un punto di vista oggettivo, non giudica, ma rivela in modo obiettivo quanto vissuto dal personaggio, senza entrare in merito alle scelte o alle riflessioni che hanno determinato le evoluzioni di una storia personale.

All’opposto, un’autobiografia si scrive in prima persona, anche se a scriverla è un ghostwriter, perché è il personaggio stesso che apre la propria anima al lettore e si racconta, senza filtri o condizionamenti esterni, perché è un mettersi in gioco in totale autenticità, almeno così dovrebbe essere.

Ma quando entriamo nel mondo del romanzo biografico, questo confine netto tra narratore e personaggio espresso in terza persona potrebbe essere interrotto: ecco intrufolarsi nel ritmo narrativo una voce alternativa e di solito è quella del protagonista stesso che parla in prima persona.

È una scelta forse azzardata dell’autore, non è facile saper dosare due voci narrative così diverse, ma è di certo un escamotage che affascina il lettore perché rende la narrazione più coinvolgente e suggestiva.

Pertanto, il personaggio viene reso “visibile” da un punto di vista letterario e di solito si sceglie questa alternanza di voci quando si raccontano in flashback le vicende di un passato lontano, rispetto alla temporaneità della storia in corso.

Proprio inerente a questo caso particolare di stile narrativo, desidero condividere alcune riflessioni su un romanzo biografico recente che ho letto e che riguarda la vita di Coco Chanel: “La Regina N°5”, (titolo originale: “The Queen of Paris”) di Pamela Binnings Ewen.

IL ROMANZO DI COCO CHANEL

LA VERITÀ FINO IN FONDO ALL’INFERNO

“La vita è strana, uno pensa che una stella luminosa come Numero 5° mi avrebbe innalzata alla luce.

Invece mi ha sprofondata nelle tenebre

L’autrice Pamela Binnings Ewen sceglie di iniziare il romanzo attraverso la voce stessa di Coco Chanel e, per tutto il romanzo il personaggio tornerà a parlare di sé, in sporadici flashback, attraverso i suoi ricordi giovanili, da quando venne abbandonata in un orfanotrofio, fino a quando, con le sole sue mani e un ago con filo, cambiò il destino della propria esistenza.

Il periodo in cui ruota tutta la vicenda del libro sono gli anni dell’occupazione nazista di Parigi e di gran parte della Francia, alternati a ricordi in cui i pensieri di una ragazza romantica e innamorata, si susseguono alle lotte intestine di una donna determinata e pronta a tutto, pur di rivendicare il primato sulla sua creazione geniale, il mitico profumo Chanel N°5 e di salvare la vita di André, un figlio che mai l’avrebbe chiamata “mamma”.

Forza e ingenuità rendono il personaggio vibrante di passione e fragilità, un’abilità stilistica che ci consegna una storia difficile da comprendere e accogliere per la crudezza dei fatti.

Il giudizio storico e la giustizia dei santi si scontrano con l’anima di una donna che si sente sola dinanzi ai carnefici, costretta a sottomettersi a un compromesso scomodo: una scelta difficile e nemmeno lei stessa avverte il pericolo e la gravità delle conseguenze morali a cui si sarebbe esposta, i suoi occhi non avvertono il cambiamento che sta stravolgendo la vita di un popolo da cui lei ora si sente lontana.

E stranamente, il confine che stabilisce chi sia vittima e carnefice è pieno di ombre: chi è il vero nemico e chi è il vero alleato in questa vicenda?

La stessa Coco Chanel si erge a carnefice per salvare ciò che le più caro al mondo: tutto si snoda attraverso un viaggio alla ricerca strenua dell’ingrediente segreto dal profumo unico e di quelle radici grazie alle quali, solo per amore della donna che è stata fino a ieri, avrebbe trovato la pace.

Un carosello di personaggi si susseguono nella trama da cui non è possibile non lasciarsi travolgere: gli uomini della sua vita da cui è stata amata e abbandonata, Pierre, l’amico di sempre che sembra averla tradita, la giovane Alyce sua cameriera privata che accoglierà con sé finita la guerra, ufficiali nazisti dall’ambiguo potere di decidere della vita e della morte, e tanti altri personaggi secondari sono gli attori della scena che osservano Coco andare incontro a un destino incerto, ma da cui non può tornare indietro.

Non ha nulla da perdere, ha solo da salvare l’insalvabile e i ricordi si alternano come quadri rinascimentali che raccontano una vita piena di luce e speranza, ma che ormai non esiste più: è comunque parte essenziale della bellezza che l’ha resa la grande Coco Chanel, da tutti amata e idolatrata, senza che nessuno conosca le oscure paure da cui ha dovuto difendersi più che dai nemici stessi.

Lo considero davvero un romanzo biografico contemporaneo in cui una donna, attraverso la fantasia dell’autrice, riprende vita, si interroga, si assolve dai peccati per non dannarsi l’anima, osserva la realtà intorno a sé sgretolarsi insieme all’immagine pubblica che l’ha resa celebre e ammirata dal mondo intero: raccontare la donna dietro al mito è un’impresa che richiede grande sensibilità, ma è una strada che consente di conoscere il senso umano che vibra di nascosto, oltre le vicende che la storia ci tramanda.

Ha rischiato di essere uccisa dai partigiani perché considerata collaborazionista, è stata odiata e insultata, ma ciò che resta inviolata è la passione che hanno mosso i passi di una donna che da sola si è riscattata da un passato torbido per costruire un impero di cui Chanel N° 5 resterà per sempre il simbolo indiscusso.

Puoi amarla oppure odiarla, io l’ho semplicemente ascoltata e compresa, grazie alla penna abile di Pamela Binnings Ewen, per la donna che era, con i suoi lati oscuri e le fragilità, dietro l’apparente forza d’animo che l’ha contraddistinta in modo sublime dalle sue contemporanee.

“La moda passa, lo stile resta” (Coco Chanel)

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