L’USO IMPROPRIO DELLE PAROLE

Cerca sempre la parola giusta nella comunicazione con gli altri

Vi è mai capitato di scrivere un messaggio a una persona e di venire fraintesi o che il vostro linguaggio risultasse improprio per il vostro interlocutore?

Questo succede perché spesso, quando messaggiamo, non valutiamo che ogni parola può avere diversi significati e sfaccettature e il dialogo prende altre vie traverse, lontane dalle nostre intenzioni.

Consideriamo, ad esempio, la parola “amore”, quanti significati o mondi interiori possono nascondersi dietro un semplice vocabolo tanto usato e abusato da secoli?

Amore coniugale, amore profano e sacrale, amore per i figli, amore per la natura e le sue creature, amore per la vita, amore per il cibo, amore per il nostro paese… insomma esistono un’infinità di interpretazioni che richiedono una narrazione attenta da parte nostra per essere comprese da chi ci legge o ascolta.

Attenzione però, le parole possono anche essere armi taglienti se usate in modo improprio perché ciò che per noi può avere una valenza neutrale, per altri può invece provocare una ferita profonda.

Quando ci troviamo a chiederci “Ma cosa ho mai detto di così grave?”, fermiamoci e riflettiamo sulle parole usate e sulla persona che abbiamo di fronte: dietro c’è di sicuro una storia che è importante ascoltare per rivalutare il linguaggio con cui abbiamo comunicato un pensiero.

C’è differenza tra comunicazione scritta e parlata?

Ovvero, è più facile che quando parliamo si possano usare le parole in modo improprio, piuttosto che quando scriviamo un testo, che sia una lettera, un messaggio o un commento sui social?

Per definizione la comunicazione orale è immediata, viene prodotta in un determinato contesto, è personale e spontanea e viene usata solo per quella particolare situazione: di solito usiamo parole semplici e frasi brevi, addirittura non ci preoccupiamo nemmeno di finirla in modo completo una frase, se ci sta a cuore un certo argomento, perché vogliamo subito arrivare alla conclusione del nostro discorso.

Inoltre l’interlocutore è davanti a noi e possiamo associare alle parole il linguaggio del corpo, il tono di voce, la mimica facciale, le vibrazioni che il parlare tra le persone suscita: è una comunicazione diretta e si può comprendere se sia efficace o meno il nostro parlare nell’osservare le reazioni di chi ci ascolta, se di approvazione o disapprovazione, ne può nascere un dialogo aperto, oppure acceso, si arriverà persino a litigare se le parole usate recano offesa.

Di certo nella comunicazione parlata le parole dette non possono più essere cambiate e se avete usato un linguaggio inappropriato si può solo tentare di rimediare, di spiegare o ritrattare, ma una parola detta, se ferisce, non può più essere dimenticata da chi ascolta.

Di contro, la comunicazione scritta ci obbliga a fermarci sulle parole, a riflettere, a costruire frasi corrette secondo le regole grammaticali e sintattiche e a valutare il contenuto prima di inviarlo al nostro interlocutore.

Insomma, la scrittura è una grande alleata perché ciò che vogliamo comunicare abbiamo la possibilità di rileggerlo, di ripensarlo dentro di noi ed è certo una comunicazione più faticosa perché richiede tempo e lavoro.

C’è da considerare che spesso non conosciamo l’interlocutore (pensiamo quando commentiamo un post su Facebook) oppure lo conosciamo ma comunque si trova, rispetto a noi, in un ambiente diverso: per essere chiari ed efficaci e per cercare di far comprendere stati d’animo o sentimenti, non avendo a disposizione il linguaggio corporale, ci serviamo della punteggiatura e strumenti grafici che possano evidenziare parti del discorso per noi di particolare valore.

Infine, con la comunicazione scritta, abbiamo la possibilità di correggerci prima di inviare un testo, di prenderci il tempo per scegliere la parola giusta che corrisponda al nostro pensiero e che non sia impropria verso chi deve riceverla.

I “leoni da tastiera”

Quando pensiamo all’uso parole improprie sui social network, subito l’associazione mentale ci riporta ad una categoria di persone che usano un linguaggio abusante, divisivo e, in certi casi, violento: i “leoni da tastiera”.

Credo che sia un’esperienza che noi, navigatori del web, abbiamo avuto modo di sperimentare: sono personaggi abili che sanno colpire con le parole e che, in qualche modo, invadono il nostro spazio, feriscono i nostri sentimenti e provocano reazioni che non ci appartengono.

Le parole improprie in questo contesto ci trovano vulnerabili, possiamo difenderci bloccando l’interlocutore scomodo, ma l’arma impropria della parola lanciata ha comunque lasciato un graffio dentro di noi.

Come possiamo combattere questo fenomeno?

Sarà impossibile eliminare dai social il “leone da tastiera”, possiamo solo combatterlo opponendo una comunicazione etica e di valore che ne possa offuscare la “corona”.

Vince sempre e su tutti la parola giusta, l’arma bianca che valorizzi contenuti utili ed efficaci per gli altri, prodotto etico del cuore, antidoto al veleno iniettato da una comunicazione negativa e offensiva.

Conclusione

È un breve articolo con cui ho solo desiderato invitarvi ad una riflessione, anche solo quando scrivete su Whatsapp un messaggio: pensate sempre a chi è il vostro interlocutore, prendetevi qualche minuto in più e riflettete sul senso delle vostre parole perché ogni parola, estrapolata dal contesto, può non essere impropria, ma se inserita in una comunicazione potrebbe generare fraintendimenti e conflitti.

Anche quando parliamo, soppesiamo il linguaggio, rispettiamo il sentimento di chi abbiamo di fronte, cerchiamo sempre la giusta parola perché le relazioni crescono e si alimentano solo attraverso una capacità di ascolto dell’altro e una sana comunicazione.

Una replica a “L’USO IMPROPRIO DELLE PAROLE”

  1. Chiediamo sempre al nostro interlocutore cosa intende quando la parola non indica una cosa, ma un concetto, un’astrazione. Bell’articolo.

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