
La scrittura mi ha ricongiunto alla parte profonda di me, a quella voce che ti risuona dentro e che è parte della vita.
È la voce dentro la vita.
La scrittura è collegata alla voce con cui esprimiamo le nostre emozioni, idee, pensieri e me ne sono accorta in questi ultimi anni, quando ho iniziato a studiare quale fosse la modalità giusta per raccontare una storia.
Ho scoperto che se voglio essere autentica nella scrittura e se voglio scrivere bene, è indispensabile raccordarmi alla storia della mia vita, lavorare su me stessa per estrapolare la voce che racconti chi sono e chi ho sempre desiderato essere.
Ma è stato solo il primo passo che mi ha aperto alla consapevolezza di essere in sintonia con le voci che per anni mi hanno insegnato ad aprire lo sguardo alla bellezza intorno a me.
LA VOCE DI MIO PADRE
La voce di mio padre fu la prima e più importante, le sue storie mi accompagnarono in ogni fase della crescita e mi hanno resa una donna curiosa e mai stanca di studiare, leggere, approfondire quei dettagli che per altri possono risultare insignificanti, ma che in realtà nascondono verità profonde e insondabili.
Era un po’ come avere Piero Angela in casa, con la semplicità di linguaggio era capace di condurmi a comprendere i più oscuri misteri o qualsiasi formula matematica o fisica che da sola avrebbe significato ore di sudori mentali.
Con mio padre tutto era più affascinante e vivere a Roma era come girare tra le strade antiche dei nostri avi, un viaggio del tempo che per me bambina significava un’avventura continua.
Non c’era pietra o vicolo che non nascondesse una storia.
Mi viene alla memoria quella volta che passeggiammo per il centro storico e ci imbattemmo in una via dal nome bizzarro, via del Piè di Marmo, nei pressi del Campidoglio e lui mi intrattenne per tutto il tempo a raccontarmi la storia di questo enorme piede con il sandalo, un reperto appartenuto forse a una statua rappresentante un’antica divinità di origine egizia, forse la dea Iside, culto molto in voga al tempo di Giulio Cesare e Cleopatra.
Ma ancora più bella, per me esile bambina curiosa, aggrappata al collo di suo padre, fu la storia di via della Gatta che prende il nome da una graziosa gatta di marmo in dimensione naturale rinvenuta nel vicino tempio di Iside.
Ciò che risvegliò la mia innata curiosità fu però la storia nascosta dietro una lontana tradizione che lega quella statua al cuore grande di Roma: si dice che la statua sia stata posta in alto, in quella via, in ricordo di una gatta che, vedendo un bambino in pericolo sul cornicione del palazzo, iniziò a miagolare fino ad attirare l’attenzione della mamma, ma ancor più affascinante è la leggenda che narra di un tesoro sepolto nella direzione in cui è volto lo sguardo della statua.
Ne potrei raccontare all’infinito di conversazioni tra me e mio padre che mi fecero compagnia fino al periodo degli studi liceali e solo dopo molti anni, quando ormai si stava avvicinando il momento della sua morte, compresi fino in fondo quale dolore lui preservò nel segreto per non rattristare le nostre vite: il rimpianto, mai superato del tutto, per non aver potuto realizzare il sogno di diventare un ricercatore in fisica pura, ma mai lo abbandonò la voglia di appassionarsi alle scoperte scientifiche, alla storia, alla lettura, una passione che mi trasmise e che divenne per me alimento per coltivare la scrittura, l’amore per le storie da raccontare.
La voce paterna divenne parte della mia voce interiore, a cui se ne aggiunsero negli anni altre, ma l’origine del tutto arriva dal mio essere bambina, una bambina solitaria che oggi abbraccio e che lascio andare con gratitudine.
LA CHIAVE È NELLE PAROLE GIUSTE
Perché vi ho raccontato questa storia?
Per invitarvi ad avvicinarvi alla scrittura quale strada che vi sosterrà nella ricerca della vostra voce interiore e che appartiene alla vita.
È una storia d’amore e solo noi possiamo raccontarla.
Non ce ne rendiamo conto perché le giornate corrono frenetiche tra impegni di lavoro, doveri familiari e ci lasciamo risucchiare da ritmi che ci tolgono il respiro e ci impediscono di ascoltarla quella voce sempre presente in noi sin dalla nascita.
E allora la soffochiamo perché abbiamo paura di attraversarla la nostra storia, di risvegliare ricordi dimenticati che raccontano chi siamo e chi vogliamo essere e spesso significa anche risvegliare un dolore da cui non siamo guariti, lasciando in noi una cicatrice mai rimarginata del tutto.
La voce dentro la vita è nelle parole giuste che danno un nome alle nostre emozioni che spesso fuoriescono da esperienze sofferte, di abbandono, di rabbia, di rimpianto o anche esperienze positive di rinascita e di gioia, ma se non ne prendiamo consapevolezza perdiamo di vista la verità profonda di noi e rischiamo di non prendere le scelte opportune per noi.
E la dobbiamo invece lasciar respirare la voce dentro la vita se vogliamo essere davvero persone libere, senza quella voce la vita muore, perde di significato e forza.
La radice della felicità non è tanto lontana, l’ho compreso in tarda età, ma è stata una presa di coscienza che mi ha reso oggi una donna felice e realizzata: non affanniamoci a ricercarla in illusioni transitorie che ci appagano al momento, ma che in un soffio ci possono lasciare soli e sperduti, senza più un’orizzonte.
La scrittura, se vogliamo intraprendere questo percorso dentro la nostra storia, è un’alleata preziosa e risveglia, nelle giuste parole, quella voce che sin da bambini ci parla attraverso l’amore donato e che non sempre siamo in grado di riconoscere.
Fermiamo dieci minuti ogni giorno, non serve di più e apriamo una pagina bianca su cui lasciar fluire le parole della nostra storia, parole semplici, di rimembranza, ma che tracciano una strada verso il nostro domani.
Sono molteplici le possibilità di raccontarla la nostra storia e di recuperare la visione che ci renderà liberi delle persone che siamo: è un percorso che affronto ogni giorno perché non finisco mai di stupirmi per quante cose ha ancora da raccontarmi quella voce dentro la vita attraverso la mia scrittura.
A tal proposito voglio consigliarvi una lettura che vi condurrà per mano in questo viaggio dentro voi stessi e che vi fornirà alcuni strumenti per avvicinarvi alla scrittura consapevole e terapeutica:
“Scrivere per guarire” di Alessandra Perotti.
E i sottotitoli sono parole significative che descrivono cosa troverete in questa lettura:
Emozioni, cura, raccontarsi, vita, diario, terapia, amore, dolore.
È uno di quei testi, insieme ad altri, che tengo sul comodino affianco a me, ogni tanto ne leggo alcune pagine, le ritrovo alla fine di una giornata e mi rassicurano sulla strada da prendere perché mi lasciano in mano un’indicazione nei momenti sconforto o un incoraggiamento quando devo affrontare scelte difficili.
Oggi posso dire di aver intrapreso il viaggio nella direzione che ho sempre cercato e dedico questo mio primo articolo nel blog a mio padre, l’uomo che, attraverso la sua voce, mi ha restituito alla donna che sono, una donna libera di scrivere storie per amore.
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